L'origine della parola "tè"

Se nel diciassettesimo secolo per i mercanti il tè rappresentava una importante fonte di reddito, per i botanici è una delle nuove specie da riconoscere ed imparare a comprendere. La prima confusione la genera, in totale buona fede, Linneo, nel 1753. Classifica nel genere Theacee due piante diverse: la prima da cui si produceva il tè verde, Thea viridis e la seconda, Thea Bohea, da cui si otteneva il tè nero.  Come spesso accade, la disputa tra i botanici prosegue per buona parte dell’Ottocento, a dispetto delle numerose informazioni ricevute da chi tornando dall’oriente con i suoi carichi mercantili, riferisce il vero affermando che si tratta della stessa pianta, lavorata in modo diverso dopo il raccolto.

Di ritorno dall'India, due botanici inglesi, Wallich e Griffith, indicano addirittura una nuova specie la Camelia sinensis assamica, endemica in Assam e riportata come una variante della Camelia sinensis sinensis.  Inutile dire, con il senno di poi, che si trattava sempre della stessa pianta, sia nel caso del tè nero che del verde ricordando che l’assamica è solo una variante regionale.

In Cina ed in India, al nome iniziale tu o ming (amaro) si sostituisce il termine cha, tuttora in uso ed i nomi europei nascono a Canton, città mercantile di arrivo e partenza, trascrivendo in modo fonetico l’ideogramma cha in they.

 

Questi termini riportati dai gesuiti e dai primi mercanti nel Seicento sono destinati a trasformarsi. Nel Settecento in Europa esiste solo in Inghilterra il tea, in Olanda il tee, ed in Francia il thé.

Continueremo la nostra storia raccontando quali neri e quali verdi si trovassero in commercio nel 1800 e descrivendo le diverse proprietà dei prodotti derivati dai due modi di lavorare lo stesso raccolto dalla stessa pianta.